LA RIFORMA DELL’ARTICOLO 71
referendum, l’obiettivo è un regime plebiscitario
Enrico De Mita per IlSole24Ore
Mentre l’Italia è alle prese con problemi riconducibili alla recessione e per i quali si richiedono chiarezza di idee in materia finanziaria, il parlamento non trova niente di meglio che introdurre il referendum propositivo. Sembrerebbe che si voglia migliorare la funzione rappresentativa. Ma che cos’è il referendum propositivo? Niente a che vedere con il referendum abrogativo che è semplice e che non pone all’elettore problemi interpretativi. Non so quanti sappiano che nel 1970 la Regione Lombardia cercò di introdurre il referendum propositivo. Ma il consiglio regionale lombardo si arrese alla complessità della materia.
La proposta di modificare l’art. 71 della Costituzione è una pericolosa scelta che svuota il parlamento e apre una fase dagli esiti imprevedibili che investe l’intero assetto politico.
Questo è il vero obiettivo.
È lo stesso errore che fece Renzi quando volendo modificare un punto della Costituzione mise gli italiani di fronte a ad una scelta onnicomprensiva. Il procedimento legislativo, in genere, richiede una proposta compiuta che il parlamento può modificare mediante appositi emendamenti. Nella modifica che si propone l’iniziativa è affidata ad un comitato che produce una contrapposizione fra parlamento e promotori del referendum. Il popolo non è in grado di orientarsi in base a questa contrapposizione. Sono scesi in campo contro questo tipo di procedimento giuristi di alto livello che hanno ricordato l’art. 1 della Costituzione: «La sovranità appartiene al popolo che la esercita nelle forme e nei limiti stabiliti dalla Costituzione». Nella proposta di riforma è previsto un comitato promotore che elabora un testo da sottoporre a referendum, previo esame da parte del parlamento. Se le Camere approvano la proposta in un testo diverso da quello presentato e i proponenti non rinunciano il referendum è indetto su entrambi i testi.
«In tal caso l’elettore che si esprime a favore di entrambi ha facoltà di indicare il testo che preferisce». Si introduce in tal modo nell’ordinamento un soggetto che ha la funzione di mettere il parlamento sotto controllo. Il popolo è solo una massa d’urto sprovveduto sulle questioni che vengono riportate ad un SI e a un NO.
Inoltre è previsto che se le Camere approvano la proposta in un testo diverso da quello presentato dai promotori il referendum è indetto su entrambi i testi. In tal caso l’elettore che si esprime a favore di ambedue i testi ha la facoltà di indicare il testo che preferisce. Si pensi alla semplicità del referendum abrogativo (SI o NO) per cogliere l’impreparazione dei cittadini di fronte a un testo già articolato del quale non è facile cogliere il significato. A decidere le sorti di siffatto referendum penseranno i soggetti del comitato promotore composto da persone sottratte ad ogni responsabilità, portatori di interessi i più disparati. Si crea inoltre un conflitto fra due poteri legislativi. La valutazione di questo complesso procedimento legislativo è tutta politica.
Il conflitto tra (presunta) volontà popolare crea una situazione complicata. Ma l’obiettivo politico della riforma è proprio la fine del parlamento per imboccare la strada di un regime plebiscitario. E nel regime plebiscitario a decidere saranno delle minoranze occulte. Questa è la valutazione politica da fare. L’attuale momento politico vede l’alterazione delle istituzioni. Bene che vada, lo sbocco sarà una repubblica presidenziale. Bisogna trovare un altro De Gaulle.