C’è stato un tempo in cui gli italiani erano considerati i portabandiera dello stile nel mondo.
Messaggeri di eleganza, del buon vivere, del piacere, del gusto e della gentilezza.
Siamo stati portatori di idee e sviluppatori del pensiero.
L’uomo italiano è sempre stato considerato un gentiluomo, per i suoi comportamenti e per il suo stile, vere armi di seduzione del latin lover italiano. La donna italiana una miscela di eleganza e sensualità.
Gli italiani all’estero erano riconoscibili da lontano e apprezzati da tutti.
L’Italia il simbolo della dolce vita.
In pochi anni siamo stati capaci di ribaltare tutto, spazzando via anche il ricordo.
Basta guardarsi intorno poco più di un istante per capire che l’icona dell’italianità è stata buttata nel cestino, insieme al ricordo.
L’arroganza è il nuovo elemento distintivo, la caratteristica comune dell’italiano del nuovo millennio. I comportamenti del nuovo italiano, diffusi e trasversali ad ogni livello sociale, sono
all’insegna della conflittualità, dell’offesa e della volgarità.
Ormai non c’è più trasmissione radiofonica che non usi il turpiloquio; in tv si litiga, si prevarica e si offende. L’automobile è un luogo di intima violenza, che nasce in solitudine e si manifesta in pubblico: la norma è offendere violentemente chiunque ostacoli il nostro procedere; trovare una persona che gentilmente faccia passare un pedone è ormai un evento da guinness dei primati.
Anche il modo di vestire rispecchia un certo modo di comportarsi: il cattivo gusto e la sciatteria hanno sostituito lo stile e l’eleganza. Il dialogare è sempre più un prevaricare.
Quel che un tempo poteva sembrare un atteggiamento fuori dal coro, a volte rivoluzionario, spesso distintivo, oggi è diventato la normalità. Se prima la parolaccia poteva essere trasgressiva, oggi è parte del linguaggio comune.
Viviamo una sorta di omologazione della volgarità, pensando di essere trasgressivi, fighi, rivoluzionari, senza renderci conto che è diventata semplicemente normalità.
La nostra voglia di fare, di industriarci, di inventarci, ci ha fatto diventare un grande Paese e un grande popolo. E oggi?
Sembriamo tanti figli viziati di ricchi imprenditori di razza che pensano solo a mangiarsi quel che i genitori hanno costruito, portando l’impresa della seconda o terza generazione alla chiusura o alla svendita. Abbiamo perso persino il senso della conquista. Viviamo appiattiti in una società aperta e piena di stimoli che non sappiamo cogliere e apprezzare. Siamo troppo presi dal nostro ego per conquistare alcunché. Fosse anche il più normale dei risultati.
La politica rispecchia la nostra società. Non ha visione né programmi per il futuro. E’ arrogante, volgare ed estremamente conflittuale. Non è più capace di dialogo o confronto. E l’avversario è un nemico da abbattere, a qualsiasi costo.
Risulta difficile comprendere se sia la società ad avere cambiato la politica o la politica ad aver cambiato la società. Certo è che la politica, in questo sì che è stata capace di cogliere il cambiamento, ha saputo cavalcare e guidare quanto probabilmente era già in nuce nella società. Fino a prenderne le redini e ad estremizzarlo.
L’Italia del cambiamento, deve essere quella capace di apportare un miglioramento. A cominciare dal modo di fare politica, dal modo di comunicare, di comportarsi, di confrontarsi, di dialogare.
La politica di oggi deve assumersi la responsabilità di guidare anche un cambiamento sociale del Paese, incidendo prima di ogni cosa sui comportamenti. Essere un esempio positivo e virtuoso, può essere il primo passo.
(…) “Noi siamo dei e la tua vita è un inferno
O qualcosa di più atroce
Potresti vivere anche tu in eterno
Se ti pentissi e se abbassassi un po’ la voce
Oh, oh, oh, oh brutta specie di un aeroplano
Ma non ti accorgi che stando in alto
Vedi il mondo da lontano” (…)
Siamo Dei, Dalla, 1979
Lucio Dalla
La trasgressività di oggi è diventata la gentilezza, l’eleganza, lo stile. La ricercatezza, il rispetto. L’intelligenza è sempre stata nel dialogo e nel confronto.
#iosonotrasgressivo
Un versione semplificata è stata pubblicata su Italians di Beppe Severgnini – Corriere.it